Copertine per libri mai scritti

                                                                              di Pier Andrea Canei

Ah poter recuperare quel meraviglioso, sagace ritratto di sciura milanese che è Forever Snob, indimenticata perla della collana Alta Società, con quella cover che ricorda tanto l'illustrazione di Patrick Nagel per Rio, il colossale album dei Duran Duran del 1982! O anche, poter vedere che film o serie tv sia stato ricavato su Sky o Netflix o equivalenti da quel bollente, scandaloso bestseller che fu Insofferenza compulsiva… O almeno, almeno presenziare, tra studiosi socialite, intellettuali di grido e organici sbafatori da buffet, alla presentazione del caustico, provocatorio pamphlet: In difesa del libero vizio.

E invece no, le tre opere citate sono condannate al limbo dei libri mai nati, ed è ad un tempo colpa e merito di Guido Averna, l'artista che da più di un ventennio, con il fare rapido e furtivo di un sabotatore e di un agent provocateur, fa ingrossare alla chetichella la pila di libri che vorremmo tanto ma giammai riusciremo a leggere. Per un motivo semplice: se li è inventati tutti lui: oltre, ovviamente, alle immagini, ecco titoli, collane e financo case editrici fake, con quel suo fiuto pop e tocco art attak, pronto a sfornare capsule collection e iniziative editoriali riconscibili da quelle grafiche retrò che spesso richiamano sesso e intrigo e seduzione come nelle epoche di massimo splendore e poi declino della Milano da bere, come un equivalente artistico di quel favoloso personaggio meneghino-vanziniano che fu incarnato a cavallo tra gli ultimi due decenni dello scorso millennio da Guido Nicheli. Ecco: come un DoGui -così veniva soprannominato l'attore- degli acrilici letterari, capacissimo di dire cose come "Da Milano Libri a Hoepli, un giro di Pinketts"! O placide sentenze quali "Arbasino is nothing!".

Benedetto l'Averna dunque (chiamarlo così, che il DoGui cinematografico gli fa un baffo) è con ogni probabilità l'ultimo discendente della categoria degli artisti maledetti reperibile entro la cerchia dei Navigli; benedetto perché da vent'anni (da quando, transfuga del giornalismo dedito all'arte, figurativa e de vivre) scoperto da Philippe Daverio in via Santa Sofia e quindi accolto alla sua corte in quei magazzini mezzi Wunderkammer che teneva lì, a poche centinaia di metri, in Piazza Bertarelli vaga come un'anima un po' in pena per quella circonvallazione interna di anime belle, professionisti, giornalisti giargiana e milanesi imbruttiti, opificio del Taac! e girone infernale dell'apericena design…

Ecco: di tutto questo zoo, l'Averna benedetto artista maledetto, è un po' il bibliotecario di Babele o almeno di San Babila che tutti vorremmo, pronto a consigliarci, davanti al solito negroni sbagliato o ad un giustissimo gintonic, un qualsiasi libro purchè inesistente e dunque perfettamente adatto al caso nostro: ché noi -già saturi di letture- al posto dell'ennesima mattonella libraria volentieri ci contenteremmo -di più, godremmo, e anzi godiamo, qui e ora!- di intere collane di opere d'arte pop e naif, a vivacizzare le nostre pareti craniche e non.


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Il commento

Difficile, a volte, spiegare come nascono certe idee. Nel caso di Copertine in realtà, col senno di poi, "posso dire -spiega Averna- che l'esercizio di sviluppare un connubio tra testo e immagine è una caratteristica che qualifica i miei lavori da sempre". E, probabilmente, è da questo esercizio che ha origine il progetto qui descritto. Se, dopo più di vent'anni di attività, non erano certo le immagini a mancare all'artista milanese, "La scintilla che mi ha spinto a collocare le mie immagini in un diverso contesto -cioè quello di inserirle in una copertina inventata- è stata la sfida che mi si parava davanti. La non banale quadratura del cerchio tra quattro elementi: 1. L'Immagine. 2. La Collana. 3. Il Titolo. 4. L'Editore. Come in un puzzle, armonizzare le quattro componenti è stata prima un'intuizione, poi un travagliato gioco ad incastro, infine quasi un divertimento intellettuale".

                                                                                                                                                                                                   G.A.